La balbuzie e’ un disturbo del linguaggio che non permette a chi ne soffre di esprimersi in modo fluido, scorrevole.
Si tratta di un’anomalia del normale fluire e della cadenza dell’eloquio (inadeguati per l’eta’ del soggetto) caratterizzata dal frequente manifestarsi di ripetizioni di suoni e sillabe, prolungamento di suoni, interruzioni di parole (cioè, pause all’interno di una parola), pause del discorso, circonlocuzioni (sostituzione di parole per evitare parole problematiche), parole emesse con eccessiva tensione fisica, ripetizione di intere parole monosillabiche (per es., “HO-HO-HO-HO fame”)
Tipicamente, esordisce tra i 2 e i 7 anni e la precocita’ dell’inizio rende questo disturbo piuttosto insidioso.
Pur caratterizzandosi come disturbo dell’eloquio, in realtà la balbuzie è un disturbo multidimensionale con una forte componente emotiva e psicologica.
Che cosa si nasconde dietro questo blocco, questo “inceppamento”?
La persona balbuziente puo’ aver vissuto situazioni traumatiche o avvertite come tali (per es. gelosia nei confronti della nascita di un fratellino, oppure situazioni in cui i genitori esprimonoo inadeguatamente la loro affettivita’, perdita di sicurezza, ecc…).
Quali ricadute ha sulla vita del bambino/?
La balbuzie ha un forte impatto su:
lo sviluppo delle relazioni interpersonali
il rendimento scolastico
il benessere psicologico
la qualità di vita
Oltre a compromettere l’intenzionalità comunicativa del bambino, la balbuzie porta con sé una vasta gamma di sintomi secondari: difficoltà nel mantenere il contatto oculare, repentini movimenti della testa, smorfie, ecc. che sono utilizzati dal bambino stesso come strategie di coping in previsione della balbuzie al fine di ridurne la gravità. Questo determina il manifestarsi di un vissuto interiore problematico nel bambino che balbetta: egli, infatti, sperimenterà una serie di emozioni, quali rabbia, vergogna e paura, che possono incrementare comportamenti disadattivi come, ad esempio, l’evitamento delle situazioni sociali.
La gravità della balbuzie varia a seconda di alcuni fattori quali la situazione comunicativa, il numero delle persone presenti nel gruppo, la rilevanza dell’interlocutore e il mezzo di comunicazione utilizzato (telefono o face-to-face). E’ possibile infatti che un bambino possa balbettare gravemente in alcuni contesti, come quello scolastico, ma non in altri, come in presenza dei nonni o di altre figure significative Alcune delle situazioni che tendono ad accentuare il disturbo sono, ad esempio, parlare al telefono, presentarsi, parlare davanti a tante persone o a persone reputate importanti, etc. Altre situazioni invece come cantare, leggere all’unisono con un altra persona, parlare da solo o con animali aiutano i balbuzienti ad avere un eloquio maggiormente fluente.
La balbuzie evolutiva in età adolescenziale può andare incontro a remissione spontanea, ma per lo più tende ad aggravarsi, associandosi nel 40% dei casi a disturbi da ansia sociale. Può permanere anche in età adulta, associata a forte distress psicologico.
Come intervenire?
Trattandosi di un disturbo multifattoriale, la balbuzie necessita di una valutazione sia degli aspetti linguistici e motori, sia di quelli cognitivi, emotivi e relazionali. In particolare, durante la valutazione psicologica è fondamentale:
- valutare il livello di gravità della balbuzie nei differenti contesti comunicativi (lettura ad alta voce, eloquio spontaneo, ecc.)
- individuare le variabili ambientali legate all’esordio, allo sviluppo e al mantenimento del disturbo
- comprendere quanto il paziente sia consapevole della propria difficoltà e quanto interferisce con la sua intenzionalità comunicativa
- identificare i pensieri e le credenze riguardanti la balbuzie e le emozioni a essi associate
- verificare l’eventuale comorbidità con altri disturbi di natura emotiva e/o comunicativa
Alla valutazione degli aspetti linguistici ed emotivo-relazionali associati al disturbo deve seguire un trattamento sia logopedico sia psicologico.
TIC
I tic sono movimenti stereotipati e a-finalistici che l’individuo compie senza averne il controllo quali strizzare ripetutamente gli occhi, protundere le labbra, arricciare il naso, sollevare le spalle o emettere dalla bocca suoni o rumori. I disturbi da tic comprendono quindi sia manifestazioni motorie sia vocali che possono essere semplici, quando coinvolgono un solo muscolo o suono, oppure complessi quando, al contrario, coinvolgono contemporaneamente più gruppi muscolari o più suoni o frasi.
Nella maggioranza dei casi, i tic sono condizioni temporanee e tendono a scomparire da soli. I tic persistenti esordiscono in genere tra i 4 e i 7 anni, raggiungendo un picco di intensità in pre-adolescenza, per poi attenuarsi e sparire nella maggioranza dei casi in tarda adolescenza o nella prima età adulta . Secondo recenti ricerche, alla base del disturbo da tic vi sarebbero delle anomalie funzionali e strutturali nel cervello collegate a squilibri in alcuni neurotrasmettitori (dopamina e serotonina) (Bear et al., 2007). Tuttavia, accanto ai fattori genetici, altrettanto importanti per lo sviluppo di questa problematica risultano essere i fattori ambientali. Elevati o continuativi livelli di stress quotidiano possono aumentare la vulnerabilità personale e favorire lo sviluppo del disturbo.
Molto spesso un disturbo da tic è associato a un disturbo della fluenza verbale (Balbuzie), in quanto i balbuzienti tendono a utilizzare dei movimenti per superare lo spasmo tonico o clonico del linguaggio. Questi movimenti, inizialmente volontari, finiscono in seguito per diventare involontari poiché permettono di ridurre la tensione muscolare e di abbassare i livelli di ansia percepiti durante la situazione comunicativa.
Come intervenire?
L’obiettivo dell’intervento psicoterapeutico è quello di aumentare la consapevolezza della persona rispetto al tic, ovvero insegnargli a riconoscere le sensazioni che lo precedono, riconoscere le situazioni che li elicitano e a controllare i muscoli implicati nel movimento.
Si allena il paziente ad utilizzare tecniche specifiche nei momenti di ansia, tensione o all’ insorgenza dei tic.
Nel caso di pazienti con disturbo da tic in età evolutiva è fondamentale il coinvolgimento dell’intero nucleo familiare per favorire la comprensione dei comportamenti del bambino, fornire strategie per la loro gestione e modificazione, e porre attenzione agli atteggiamenti che i componenti della famiglia attuano durante la manifestazione del disturbo e che spesso fungono da rinforzo al mantenimento della sintomatologia.