Dall’uso degli strumenti digitali, al rispetto delle regole di interazione familiare e sociale che la convivenza con il Coronavirus richiederà per molto tempo, fino ad una diversa gestione dell’apprendimento, i genitori e la scuola sono chiamati a riappropriarsi con coraggio di un ruolo educativo reso ancora più importante e complesso dall’incertezza del momento.
La quarantena obbligatoria dovuta all’emergenza sanitaria da Coronavirus ha messo psicologicamente a dura prova tutti noi. Ci ha costretti all’isolamento in casa, ha cambiato le nostre abitudini, ci ha dato molto tempo per stare con noi stessi e riflettere (cosa non sempre dall’esito positivo), gettandoci nell’incertezza, nella paura e nello sconforto. I preadolescenti e gli adolescenti sono stati tra i più colpiti in modo profondo dagli effetti collaterali del coronavirus. Hanno perso ogni punto di riferimento: gli amici, i compagni di scuola, la possibilità di uscire e fare sport. Una modifica del loro stile di vita così brusca da gettarli nell’isolamento e nello sconforto più profondo. Secondo quanto evidenziato dall’indagine “Giovani e Quarantena”, promossa dall’Associazione Nazionale Di.Te. (Dipendenze tecnologiche, Gap, Cyberbullismo) in collaborazione con Skuola.net che ha intervistato più di 9000 ragazzi tra gli 11 e i 21 anni, tra le preoccupazioni maggiori c’è quella dell’incertezza del futuro davanti a loro, lo dice un adolescente su tre. Altro aspetto da non sottovalutare il cambiamento repentino che il distanziamento fisico-sociale ha portato sulla gestione del tempo e dei ritmi quotidiani da parte dei giovani. Per molti sembrano essere saltati tutti gli schemi: quasi 8 ragazzi su 10 dichiarano di aver cambiato gli orari in cui si svegliano e in cui vanno a dormire, il 70% dice di non saper gestire i momenti di libertà all’interno delle mura domestiche, il 49% lamenta risvegli notturni e il 46% difficoltà ad addormentarsi. Più della metà degli adolescenti interpellati ha anche cambiato le proprie abitudini alimentari, mangiando di più e a qualsiasi orario.
Molti adolescenti denunciano un peggioramento dei rapporti con i familiari. I ragazzi faticano a condividere le emozioni con i genitori, perché anche gli adulti sono in preda alle loro insicurezze e paure, distratti dalle nuove tecnologie o assorbiti dallo smartworking, che rende anche la gestione degli spazi più complessa. Questo genera frustrazione e maggiore chiusura per tutti.
Un altro elemento protagonista di questo strano periodo è stata sicuramente la tecnologia. Per i più giovani, già abituati a maneggiarla in modo disinvolto, è diventata una grande alleata per restare collegati col mondo che hanno lasciato fuori dalla porta. La tecnologia ha in un certo senso “salvato” la vita di preadolescenti e adolescenti in quarantena, aiutandoli nella scuola, nei rapporti con gli amici, nel riempire i momenti vuoti della giornata. Smartphone, tablet e computer da strumenti quasi demonizzati, in una situazione così particolare, si sono trasformati in un punto di riferimento per un’intera generazione. Ma questo non deve farci perdere di vista le insidie che un abuso di questi mezzi può comportare, perché malgrado tali strumenti aiutino a mantenere i contatti, il senso di solitudine percepito dalla maggioranza dei ragazzi interpellati ci dice che la tecnologia è sì social ma non è per nulla socializzante. Fa sentire soli e non permette di contenere le ansie. Potrebbe addirittura essere proprio un uso smoderato di strumenti tecnologici la causa dell’aumento dei disturbi del sonno e dell’alimentazione evidenziato. In più, l’iperconnessione può portare al rischio di confondere la dimensione analogica con quella digitale, e rendere ancora più difficoltoso, una volta terminata l’emergenza, il ritorno degli adolescenti alla vita reale.
E la scuola? La didattica a distanza è una delle dimostrazioni di quanto possa essere utile la tecnologia se declinata in maniera corretta. Buona parte dei ragazzi risulta, però, insoddisfatta delle modalità con cui si sono svolte le lezioni on line, lamentando difficoltà a concentrarsi e il fatto che la possibilità di accendere a pc e smartphone diventava una tentazione a fare altro, distraendoli. Al di là della situazione di emergenza, l’utilizzo di strumenti digitali nell’apprendimento può essere un’opportunità, ma il metodo di insegnamento non può restare quello adottato in classe, deve diventare più coinvolgente, sia nei contenuti trasmessi, sia nelle modalità utilizzate. Senza dimenticare la dimensione della relazione, che non va mai sacrificata, né in presenza né a distanza, per il raggiungimento ad ogni costo degli obiettivi di apprendimento. Perché non pensare, ad esempio, come suggerito dal dr. Lavenia, psicoterapeuta e Presidente dell’Associazione Di.Te, di creare dei gruppi aula virtuali, aperti, senza gli insegnanti magari con all’interno uno psicologo che aiuti i ragazzi a gestire le loro emozioni, creando opportuni temi di discussione?
Lo scenario nuovo che si sta prospettando per il dopo emergenza, con la necessità di un rigido rispetto delle regole di protezione e di distanziamento sociale, rende ancor più urgente la necessità che i genitori si riapproprino con coraggio di un ruolo educativo incisivo, affiancando gli adolescenti con stimoli, proposte, richiami, affetto ed esempi di vita, anche sofferta, ma tesa al bene. I genitori devono “strappare” i figli dal mondo virtuale, che rischia di chiuderli in un pericoloso isolamento sociale, per riportarli a contatto col mondo reale. Come? Dando una mano in casa, camminando all’aria aperta – ora si può tornare a farlo – , guardando gli amici negli occhi e parlando con loro. Per crescere, un adolescente ha bisogno di confrontarsi con l’altro e con un ambiente esterno reale in cui fare esperienze di successo e fallimento. L’abuso del digitale e l’isolamento relazionale sono strettamente connessi al rallentamento del processo di crescita.
In merito alla gestione delle relazioni familiari, per una famiglia con figli preadolescenti e adolescenti è centrale il compito di rinegoziare la relazione genitori-figli nello spazio fisico ed emotivo, per favorire il processo di reciproca separazione e quindi la costruzione di un’identità autonoma del figlio. All’interno di una famiglia con figli adolescenti i confini delineano il livello di vicinanza e separazione tra un membro e l’altro, determinando la qualità della condivisione. È importante che vi siano confini chiari e flessibili che favoriscano vicinanza e non invasione, separazione e non distanza eccessiva, garantendo la possibilità di esistere come individui stando in relazione con gli altri.
È importare creare dei momenti di dialogo condiviso, in cui ciascuno possa esprimere i propri pensieri e bisogni e, perché no, anche confrontarsi sui timori connessi al Coronavirus ma anche spaziare con argomenti altri e con uno sguardo di costruzione al futuro.
Importante anche favorire un’ acquisizione di informazioni e cultura che non passi solo attraverso l’uso del digitale. La cultura digitale consiste nel leggere rapidamente e in modo superficiale, per poi passare ad altro. La lettura di testi su carta, invece, sempre più evitata, perché più faticosa, è però decisiva per favorire il pensiero critico, la consapevolezza e la capacità di riflettere, la creatività. Il digitale è certamente un’opportunità, diventata indispensabile in tempi di didattica a distanza per l’emergenza del coronavirus; ma deve essere integrato con l’ascolto, il dialogo e la lettura attenta e non superficiale di un testo.
In ultimo, l’importanza di riconoscere all’interno della famiglia risorse e fragilità, specie dopo un tale periodo di difficoltà. La consapevolezza delle risorse e le fragilità all’interno della famiglia è sempre una determinante del benessere piscologico. Laddove il livello di sofferenza individuale e/o relazionale sia elevato è importante potersi permettere di chiedere aiuto. Un supporto psicologico individuale o familiare non è solo un importante intervento di sostegno ma anche un fattore preventivo che contrasta il rischio di una cronicizzazione del disagio emotivo e relazionale con la comparsa di sintomi più gravi.
Dr.ssa Lorena Boscaro – Psicologa e psicoterapeuta
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