Negli ultimi tempi basta leggere un giornale o accendere la tv per rendersi conto di quanto siano sempre più numerosi gli episodi di violenza a scuola e per strada che vedono protagonisti ragazzini al massimo adolescenti. In un modo o nell’altro siamo stati tutti derisi o presi in giro da coetanei o compagni di scuola, la differenza rispetto ad una volta è che oggi il bullismo sta assumendo caratteristiche più serie e pesanti. Almeno il 20% della popolazione scolastica ha assistito o subito episodi di bullismo, violenza e razzismo e i numeri sono in aumento. Una realtà questa che dovrebbe attirare l’attenzione degli agenti sociali ed educativi (famiglia, scuola e comunità) non solo davanti agli episodi di cronaca più eclatanti, ma nella quotidianità, in un’azione educativa e preventiva sinergica e integrata che rappresenta l’unica reale possibilità di attuare un’inversione di rotta.
E allora, cosa possono fare concretamente famiglia e scuola?
- Non sottovalutare le situazioni più lievi che si verificano dentro e fuori la scuola, di cui gli episodi gravi di cronaca sono spesso un’evoluzione, perché chi non ha la capacità di rispettare le regole e i paletti posti dagli adulti per sostenere e non per inibire la crescita rischia di non essere consapevole di ciò che può fare agli altri.
- “Sì alla potenza, no alla prepotenza”. Dare il buon esempio, come adulti e come educatori, nella quotidianità di come si può comunicare e relazionarsi con gli altri in modo potente, cioè efficace, ma non prepotente. I bulli spesso provengono da famiglie in cui l’aggressività e la mortificazione vengono utilizzate come strumento per gestire la propria autorità e il proprio “potere”: la voce alta, le mani alzate, gli scatti di rabbia, la denigrazione per uno sbaglio. Pensiamo alle reazioni per un parcheggio soffiato o ai toni dei dibattiti politici di questi giorni.
- “Alleniamo il cervello emotivo”. Non avere la percezione delle conseguenze delle proprie azioni è tipico del cervello dei preadolescenti e adolescenti. Agiscono sull’onda dei propri impulsi, seguono ciò che li diverte, che dà sensazioni forti o che permette loro di soddisfare un bisogno immediato, mentre la parte del cervello deputata alla riflessione e alla valutazione delle conseguenze si sviluppa solo più tardi e molto più lentamente, lo dicono le neuroscienze. Ed ecco che quando vengono messi dagli adulti di fronte alla gravità di ciò che fanno, rispondono con un “Non ci avevo pensato, volevo solo divertirmi.” E’ compito degli adulti stimolarli all’uso del cervello razionale, spingerli a riflettere sulle conseguenze delle loro azioni per sé e per gli altri.
- “Mettiamoci nei panni degli altri”. L’empatia, la capacità di percepire e comprendere ciò che l’altro sente è qualcosa di cui i bulli sono privi o verso cui sono indifferenti. La capacità di mettersi nei panni degli altri va coltivata fin da piccoli per contrastare una tendenza sempre più diffusa a rimanere indifferenti verso ciò che non ci colpisce direttamente, a ridere tanto di scherzi anche feroci, banalizzando l’umiliazione di chi li subisce.
Dott.ssa Lorena Boscaro Psicologa, Psicoterapeuta Studio FisicALmente, Alessandria lorena.boscaro@virgilio.it fisicalmente@gmail.com